Nel 1111 il principe vescovo di Trento Gebardo sottoscrisse con gli uomini di Fiemme un accordo in base al quale era confermata giuridicamente l'esistenza della Comunità di Fiemme: si trattava di un'entità territoriale responsabile in primis dell'amministrazione di alcuni beni indivisi. Oltre a un patrimonio costituito da acque, pascoli, selve e campi e all'esenzione in perpetuo da gabelle e balzelli, la Comunità si garantiva, dietro il corrispettivo di ventiquattro arimannie annuali, anche il diritto di assistere nell'amministrazione della giustizia prima il gastaldione vescovile, inviato in valle due volte l'anno, e poi il vicario, residente stabilmente a Cavalese dal 1317.
Di questo primo documento non si conserva né si conosce l'originale. Restano solo i riferimenti contenuti nel
successivo privilegio rilasciato nel 1314 dal principe vescovo di Trento Enrico di Metz e in una traduzione
riportata nel "Quadernollo" della Comunità del 1533.
Si è persa traccia anche della copia notarile fatta redigere in data 24 giugno 1322 dal Principe vescovo Enrico.
L'accordo sottoscritto tra gli uomini di Fiemme e il vescovo Gebardo, della cui esistenza non si ha però motivo di dubitare, costituisce il punto di partenza anche della storia della Regola feudale di Predazzo. Gli abitanti di Predazzo, già molto presto, rivendicarono, infatti, per sé l'utilizzo del monte Vardabe asserendo che in quel primo privilegio vescovile non era contenuto alcun riferimento al monte stesso. Con ogni probabilità il monte Vardabe non poteva essere contemplato nell'accordo sottoscritto con il vescovo Gebardo poiché all'epoca doveva costituire ancora parte integrante del Principato vescovile di Bressanone.
Il territorio che forma l'attuale feudo di Predazzo e del quale si trova testimonianza documentaria dal 1241
diventa oggetto di un preciso accordo fra la Comunità di Fiemme e il Principe vescovo di Trento Enrico di Metz
solo nel 1318, quando si procedette alla definizione dei quartieri della Comunità e delle relative pertinenze.
In questo frangente fu riconosciuto alla Regola generale di Predazzo il godimento del monte Vardabe sia per
il pascolo del bestiame che per il taglio del legname. Ciò però non risolse i motivi di attrito fra le parti.
La Regola generale di Predazzo e la Comunità di Fiemme si contrapposero spesso a causa di questa fetta di
territorio. È quanto accade, ad esempio, nel 1388. L'allora scario della Comunità di Fiemme, Francesco del fu
Giovanni di Moena, intervenne contro la Regola generale di Predazzo contestando la decisione di pignorare i
beni degli abitanti di Forno sorpresi a pascolare il proprio bestiame sul monte Vardabe
(documento del 28 maggio 1388).
L' episodio, non certo il primo del genere, registrò però un esito
particolarmente favorevole per la Regola generale di Predazzo. Il 25 giugno 1388 lo Scario della Comunità di
Fiemme rilasciò una dichiarazione nella quale si affermava che la Comunità stessa rinunciava definitivamente
a qualsiasi diritto sul monte Vardabe (nell'archivio della Regola si conserva la copia autentica di tale
dichiarazione redatta il 9 giugno 1435 dai notai Graziadeo del fu Antonio e Francesco del fu Giovanni).
Il Monte diventava così a tutti gli effetti di esclusiva pertinenza della Regola generale di Predazzo.
Passano tre anni e il Principe vescovo di Trento Giorgio di Liechtenstein contribuirà nel 1391 a rafforzare
ulteriormente questo principio. Si ha, infatti, notizia del primo atto d'investitura ufficiale del monte
Vardabe in favore della Regola generale di Predazzo.
Di tale investitura si conservano le conferme successive: dalla più antica firmata dal
Principe vescovo Giorgio Hack il 13 ottobre 1447
alla più recente concessa il 17 dicembre 1776 dal Principe vescovo Pietro Vigilio Thun, ultimo Principe vescovo
prima della secolarizzazione del Principato avvenuta nel 1803.
Dopo tale data, l'investitura sarà rinnovata dai sovrani bavaro e austriaci:
il 15 agosto 1808 dal re di Baviera Massimiliano Giuseppe, il 19 ottobre 1818 dall'imperatore Francesco I,
il 12 agosto 1836 dall'imperatore Ferdinando I e infine il 7 novembre 1850 dall'imperatore Francesco Giuseppe I.
L'effettivo riconoscimento delle prerogative sul monte Vardabe incontrò però numerose e ripetute resistenze.
Ancora negli anni trenta del Quattrocento, l'allora scario della Comunità di Fiemme, Boninsegna del fu
Francesco Torra di Tesero, tentò di ottenere dalla Regola generale di Predazzo l'immediato dissequestro dei
beni pignorati a un certo Antonio Zanetoni di Moena sorpreso a pascolare sul monte Vardabe
(documento del 5 giugno 1434). Il tentativo fu sventato grazie all'intervento del Vicario vescovile di
Fiemme, Federico di Castelbarco e Gresta (documento del 22 luglio 1434).
Due anni dopo, si è nel 1436, è il principe vescovo di Trento Alessandro di Mazovia ad ordinare alla Comunità
di Fiemme l'immediata restituzione ai vicini della Regola generale di Predazzo dei beni pignorati sul monte Vardabe
(copia del secolo XVIII).
Il contenzioso probabilmente non si esaurì con la conclusione dei queste vertenze e troverà nuovi pretesti per riaffiorare, ma procedendo avanti negli anni l'unico motivo di confronto con la Comunità di Fiemme circa il monte Vardabe del quale si trova traccia nell'archivio della Regola, appare la mera verifica periodica dei rispettivi confini. E' il caso, ad esempio, di un documento dell'11 novembre 1667.
A metà del secolo XIX, infine, termina la rilevazione catastale di tutto il Tirolo, si produrrà per la prima volta anche una descrizione topografica anche del monte Vardabe.
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